Seleziona lingua:

itenfrdeesnlelhumkplptrosv
6 Novembre 2021

Quando a luglio di quest’anno ho comunicato alla mia famiglia che avrei passato l’estate in Lettonia come volontaria, la sfida maggiore è stata quella di spiegare dove avrei vissuto per un mese. Non è semplice spiegare, per chi non si intende di geografia, dove sia esattamente la Lettonia e in particolar modo Liepaja.

Molti lettoni considerano Liepaja uno dei luoghi più affascinanti del loro paese in quanto è disseminata di parchi verdi e ha una magnifica spiaggia, a differenza di Riga (la capitale) che è considerata monotona e noiosa. Ma per me Liepaja è diventata molto più che una semplice città lettone, è un luogo in cui ho lasciato il mio cuore, non solo per i meravigliosi luoghi che si possono visitare ma anche per le persone che ho incontrato. Inizialmente, avevo un po’ paura di partire e in particolar modo di sentirmi sola durante il mio percorso, ma non è stato affatto così. Ho conosciuto diverse persone dell’associazione che hanno cercato di farmi sentire il più possibile a mio agio e da cui ho imparato molto.

Durante il mio viaggio in aereo non ho fatto a meno di guardare dal finestrino, in particolare nell’ultima mezz’ora; il mio entusiasmo è diventato maggiore quando ho iniziato a scorgere la costa lettone, e tanto più quando ho intravisto il paesaggio tipico lettone disseminato di boschi, laghi e fiumi. Quando sono arrivata a Liepaja ero piacevolmente sorpresa in quanto mi sentivo immersa in un’altra epoca grazie allo stile rustico della città. Ma la cosa che mi ha destato più stupore è stato il fatto che diversi lettoni sapessero comunicare in inglese (cosa non molto comune in Italia) e che queste fossero persone alla mano ma nello stesso tempo riservati e timidi. È una cosa che in seguito ho potuto confermare attraverso la mia esperienza lì; infatti, i lettoni si preoccupano, cercano di essere disponibili e farti sentire il più possibile a tuo agio, ma nello stesso tempo si discostano dalla tua vita, ne prendono le distanze per non invadere il tuo ‘’spazio’’ privato. Insomma, gli italiani potrebbero imparare molto da loro.

 

Se potessi tornare indietro e rifare la mia esperienza come volontaria in Lettonia, lo rifarei sicuramente; dopo avere vissuto sedentariamente un anno a causa del covid, ho avuto la possibilità di vivere di nuovo. Ho conosciuto diverse persone, non solo dell’associazione di cui sono stata ospite, ma anche coetanei con cui ho stretto un forte legame. Ma ho avuto anche momenti in cui sono stata a stretto contatto con la natura poiché non solo in città ho potuto godere di diversi parchi e spazi verdi ma, cimentandomi nella raccolta dei funghi ho avuto la possibilità di immergermi nel verde di una grande foresta a mezz’ora da Liepaja, e n’è anche valsa la pena poiché non solo siamo tornati a casa con un bottino da poter assaporare, ma dopo aver attraversato la foresta c’era una splendida spiaggia deserta.

 

 

 

La mia esperienza è stata anche un’occasione di arricchimento culturale. Ho scoperto l’esistenza degli apolidi e ora ho anche una conoscenza storica più ampia; ci sono tutt’ora segni evidenti della storia lettone e in particolare della dominazione russa, infatti in Liepaja, e in particolare nel quartiere di Karosta, è presente una
minoranza russa. In Lettonia, le persone che vivono nelle aeree urbane con molti russofoni imparano il russo attraverso le interazioni quotidiane nei negozi di alimentari, nei trasporti pubblici e a scuola e allo stesso modo i cittadini di etnia russa hanno imparato il lettone.

Non ho bene compreso ciò finché non ho operato come volontaria all’House of Hope che è un’organizzazione che lavora ogni giorno per aiutare famiglie e bambini di Karosta andando contro gli ostacoli della povertà, della discriminazione sociale e della mancanza di istruzione. Lì ho visto una realtà ben diversa dalla ‘ solita’ Liepaja, l’House of Hope è un posto in cui ho lasciato davvero il mio cuore, in cui ho avuto l’opportunità di condividere la mia cultura e di riceverne altra dai miei coetanei che si sono dimostrati ben aperti e curiosi di conoscere cosa succedeva al di fuori del loro Paese.

Il mio operato però non si limitava solo a questo magnifico centro giovanile, ma ho fatto ben altro. In particolare, ho lavorato con l’associazione Radi Vidi Pats nell’orto cittadino e nello swap shop; ho ammirato il loro rispetto per l’ambiente e la ricerca dei materiali riciclabili per rendere un posto più accogliente l’orto.
Nell’organizzazione l’organico non si buttava mai, ma si stava sempre attenti a metterlo da parte per creare il compost per le piante; ho imparato a utilizzare il mio lato creativo e pratico per realizzare progetti non solo per l’orto ma anche per lo swap shop creando post su Facebook, una locandina. Una cosa interessante e inusuale è stata lavorare per la prima volta ad un mosaico di grandi proporzioni, ma non ho dovuto far tutto da sola in quanto ho ricevuto sostegno e consigli.

 

Insomma, è stata un’esperienza che raccomanderei a chiunque! Ho aggiunto un pezzo in più alla mia formazione e al mio bagaglio culturale, sicuramente durante il mio prossimo viaggio avrò meno timore nel cimentarmi in qualcosa di nuovo. Ho imparato che è necessario mettere da parte i pregiudizi e che è meglio mettersi a confronto che altre culture piuttosto che ritenere, testardamente, che il proprio Paese di origine sia migliore degli altri. È stata un’esperienza che mai dimenticherò, mi ha dato l’indipendenza in più che cercavo e la fiducia in me stessa di cui avevo bisogno per affrontare altro nella vita.

Emilia