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29 Novembre 2018

Helloooo!!!

Sono Fatima. Sono originaria dell’Emilia Romagna e della Costa d’Avorio. Quest’estate ho partecipato ad uno SVE di un mese in Estonia perché, nella vita di tutti i giorni, faccio volontariato e volevo avere l’opportunità di farlo viaggiando. Dal momento che il progetto in Estonia mi avrebbe permesso di farlo anche all’interno dell’Estonia, ero molto motivata. Ho attraverso questa esperienza arricchito il mio bagaglio personale, ho visto coi miei occhi luoghi incredibili, ed ho avuto modo di entrare in contatto con gli estoni e allo stesso tempo cittadini provenienti da altri paesi d’Europa e con background simili al mio.

Essendo anche membro attivo del movimento politico apartitico #ItalianiSenzaCittadinanza, movimento composto per lo più da ragazzi/e di seconda generazione, ossia italiani con origini straniere e protagonista nella lotta per la riforma cittadinanza, ecco… per e non solo per questo e quell’altro: Viaggio! Mi piace farlo e provo sempre a fare anche questo con cognizione di causa. Poiché credo che attraverso queste esperienze continuo a diffondere, confrontandomi e acquisendo nuovi elementi, la nostra battaglia.

Qui sotto troverete un “breve” riassunto del mio Supercalifragilistichespiralidoso viaggio estone. Un riassunto; poiché come disse Voltaire: “È ben difficile, in geografia come in morale, capire il mondo senza uscire di casa propria” per questo e per quell’altro auguro a chi mi leggerà di poter partire anche solo una volta, anche non troppo lontano, per uno SVE.

Non avrei creduto di rimanere così tanto affascinata da un paese che per molti versi, prima di quest’esperienza, avrei definito : così tanto lontano e diverso da tutto quello a cui sono sempre stata abituata.
Eppure eccomi qui con le lacrime agli occhi, mentre vi butto nero su bianco quelli che ormai sono ricordi di un’esperienza indimenticabile.
Siamo partiti da una Roma soleggiata in un luglio incandescente.

Pensavamo di trovare il freddo, o quanto meno un po’ di fresco, lassù. Visto anche che eravamo stati preparati anche a questa eventualità. Arrivati a Tallin giusto un po’ di vento, procediamo poi per Tartu. Dove ci accolgono con quello che poi è stato il nostro mezzo durante l’intero progetto. Un mini van. Arrivati a Vana Kuste, il luogo dove risiedevamo durante il fine settimane per tutti i weekend del progetto, si fece presto sera, e la stanchezza prese presto il sopravento.
La mattina dopo, al nostro risveglio abbiamo capito che: Il surriscaldamento globale è davvero in atto!
“Mai c’è stato così tanto caldo!” Diceva Jane, la nostra mentor. Trentaquattro gradi, trentacinque alle volte.
La sera però, venivamo sempre cullati da una temperatura mite. E che cielo e quante stelle! Il cielo era sempre chiaro, si vedevano fino a tardi le punte degli alberi. Fino a mezzanotte. All’una di notte alle volte.

Prima settimana.
Partiamo dal nostro campo base, e ci dirigiamo a piedi verso la stazione dei treni. Un binario. Dopo qualche fermata scendiamo a Llumetsa.
Sul treno c’erano anche i “nostri ragazzi”. Ma facciamo conoscenza alla discesa mentre diamo inizio alla nostro settimana.
Ci addentriamo nella foresta Estone. In un pezzo di essa, perché in realtà l’Estonia è per il 50% una foresta. Questo pezzo che calpesteremo è la “foresta bella” in Estone: Llumetsa. siamo tutti estasiati e si vede da come ci relazioniamo. Passiamo la prima notte in un campo base predisposto.
Scopriremo poi, che in Estonia è la prassi.

 

La prima notte si era già preannunciata lunga e difficile. I ragazzi erano pieni di adrenalina. Per loro quella era una vacanza. I giorni si sono susseguiti con chilometri da percorrere durante il giorno, immersi nella natura, circondati da laghi, sempre ben accolti come pasto da zanzare ed altri insetti (a questo poi, ci abbiamo quasi fatto l’abitudine un po’ tutti, ovviamente munendoci sempre di autan e surrogati).
  

Fino ad arrivare a ridosso della frontiera Russa.
E anche se a fine giornata eravamo tutti esausti fisicamente, il gruppo si è affiatato ed è arrivato a superare ogni avversità. Ci siamo dati da fare tutti. Ci abbiamo provato tutti. Volontari\e e ragazzi\e.

E grazie alla tecnologia ed internet, i ragazzi stessi hanno creato un gruppo dove ci teniamo in contatto con in particolar modo quelli che sono in grado di esprimersi in inglese ed è diventato per loro un Safe-place direi, dove alle volte ci scrivono ancora, e ci confidano le loro paure ma anche le loro ambizioni e dove alcuni di noi provano a fargli da fratello o sorella maggiore, poiché in fondo è questo ce siamo stati durante quella settimana. Un modello per alcuni versi.
Alcuni di loro hanno chiesto ad qualcuno fra i volontari se saremmo ritornati l’anno successivo. Altri si sono scusati per le sciocchezze che ci avevano detto in momenti di stanchezza fisica, dove noi li avevamo spronati e incitati a continuare a camminare.
Hanno inoltre mostrato interesse per quello che era il nostro ruolo, per le ragioni per le quali lo facevamo e come eravamo riusciti a farlo.
Nel salutarci abbiamo pianto, ci siamo commossi.

Seconda settimana.
Cambio di location e di ragazzi, stavolta 55. Il doppio rispetto alla settimana antecedente. Figli di forze dell’ordine. E in un certo senso, rispetto alla prima settimana, qui le difficoltà sono state minori sopratutto per quel che concerne i meccanismi di team-building. Poiché i ragazzi della prima settimana erano ragazzi/e con un background sociale svantaggiato, mentre invece i ragazzi/e di questa settimana erano per l’appunto ragazzi con un background completamente differente da quello di quelli della prima settimana.

 

Con me in particolar modo e altri volontari, erano estremamente curiosi. Poiché eravamo neri.
Erano incantati, curiosi di toccarmi le treccine e soprattutto molto meno diffidenti.

 

Si è di conseguenza, dai primi momenti instaurato un rapporto di gioco e di complicità. Abbiamo avuto anche qui una settimana intensa, divisi in quattro gruppi per paese di provenienza dei volontari, ci siamo dimenati in varie attività fisiche, laboratori ricreativi, giochi culturali, gare sportive alternate a gavettoni, abbiamo dato assistenza, cerotti o più semplicemente abbracci per gioire o tirare su il morale durante le attività.
 

Al termine della settimana come anche nella prima, c’è stata una consegna di diplomini per coronare il percorso portato avanti insieme e sopratutto per avere un ricordo comune. Di questa settimana ricordo da un lato: l’affetto dei bambini\e, la loro grandissima voglia di partecipare alle attività sportive e non e la gran voglia di mettersi in gioco in qualsiasi attività veniva proposta, e dall’altro: il lavoro di gruppo di noi volontari compreso lo scambio di idee e la messa in pratica delle nostre capacità personali durante i laboratori manuali e ricreativi.

Terza settimana.
Per me questa è stata la settimana più stimolante, fisicamente ed emotivamente. Nonostante mi fossi, alla fine della seconda settimana, infortunata a una caviglia. Come tutti, mi sono resa utile come potevo. Posso affermare che è stata la settimana più eccitante per noi, poiché dovevamo per lo più essere d’aiuto nella fase di definizione di un festival storico militare che sarebbe durato una giornata. C’è stato da spostare mobili, da ritagliare i pass, da spazzare, da dipingere, da indossare una mascotte e da sfilare per le vie del paese con le bandiere dei paesi europei. Siamo stati accolti da autorità locali, che ci hanno ringraziato e premiato per il nostro tempo e la nostra dedizione.

Ci siamo anche ritagliati dei momenti al lago e ci è stata data la possibilità di fare una battaglia a softball. Ognuno di noi si è divertito a fare il suo. Ed è per questo che, arrivata a questo punto, avrei voluto fare un rewind. Poiché ci rendevamo conto che la nostra esperienza stava giungendo alla sua fine.
Ci rimanevano ancora pochi giorni da passare tutti insieme.

L’esperienza del festival ci ha aiutato a capire molto dell’Estonia, sopratutto politicamente: durante la mattinata del festival è stato allestito un mercatino dove vendevano sopratutto articoli che si rifacevano molto al periodo storico della seconda guerra mondiale e del dopoguerra.
E socialmente è stato utile per capire che anche durante i concerti la maggior parte degli estoni starebbe seduto senza fiatare mentre sorseggia una birra.
Infine musicalmente! E che dire? È tutta da scoprire la musica estone intanto noi abbiamo potuto assistere al concerto di Daniel Levi promettente pop-star che ha vinto un talent show e una banda di rock\metal.

 
Quarta settimana.
Mare baltico e eco-farming.
 

Arrivati a questo punto vuoi per la stanchezza, il pensiero del rientro o più semplicemente la non voglia di fare le valigie, siamo stati un pochino pigri.

La nostra permanenza sul mare baltico è stata breve ma durante essa abbiamo avuto moto di fare hiking e di sopratutto avere modo di confrontarci molto su svariate tematiche: culturali, linguistiche, musicali e in questa settimana Ly e Jane dell’associazione ospitante ci hanno lasciato dare sfogo alla nostra creatività facendo semplicemente ciò che ritenevamo più utile per la fattoria. Abbiamo di conseguenza pulito, aiutato a sistemare la sauna, a strappare le erbacce dal laghetto e così via… Abbiamo anche avuto modo di confrontarci sulle settimane passate e di visitare la città di Parnu.
   

Dall’Estonia poi mi sono portata a casa una nuova famiglia.

Al momento della valutazione finale e dell’abbraccio coi miei compagni di viaggi, spagnoli, italiani, sloveni, lituani ed estoni ho capito che l’Estonia ci aveva meravigliati tutti.

Fatoumata